L’ESTATE CHE UCCISO MIO NONNO l’ultimo romanzo di Giulia Lombezzi
La narrazione scorre con naturalezza, alternando
momenti divertenti a pagine di malinconica bellezza.

L’estate che ho ucciso mio nonno di Giulia Lombezzi tratta con elegante irriverenza le trame della memoria, della colpa e del passaggio all’età adulta. Con uno stile fresco, vivace e profondamente empatico, la storia racconta l'estate che ha trasformato per sempre la protagonista, portando il lettore a riflettere su ciò che resta nascosto dietro i gesti quotidiani e le verità non dette.
Il titolo è già una promessa di svelamento, di mistero e di introspezione. La protagonista è una giovane donna, alle prese con la fine dell’adolescenza e l’inizio di una nuova consapevolezza. L’estate che trascorre nella casa di famiglia diventa il palcoscenico su cui si svolge una sorta di indagine personale, in cui le vicende di parenti eccentrici, ricordi d’infanzia e piccoli grandi segreti si mescolano in una narrazione sospesa tra leggerezza e profondità.

Il nonno, figura centrale e misteriosa, occupa lo spazio emotivo e narrativo del racconto come un’ombra che non smette mai di essere interrogata. La protagonista, attraverso una scrittura diaristica e ironica, ripercorre quei mesi in cui tutto cambia: parole dette e non dette, gesti apparentemente casuali, il senso di colpa che si insinua tra le crepe dei rapporti familiari. Quella confessione iniziale si rivela pian piano come un gioco ambiguo tra realtà e finzione, tra la necessità di raccontare e il piacere di nascondere.
L’ironia è la chiave di volta: la protagonista guarda al mondo adulto con uno sguardo disilluso, ma mai cinico. La lingua del romanzo è fresca, senza artifici, capace di restituire la complessità delle emozioni con semplicità e precisione. L’autrice sa dare voce all’inquietudine della protagonista, al suo desiderio di comprensione, all’incapacità di arrendersi davanti ai misteri della famiglia. Leggendo si ha la sensazione di ascoltare una confidenza, di essere complici di un segreto che si svela pagina dopo pagina.
La figura del nonno si trasforma in un enigma che la protagonista cerca di decifrare, ma che rimane sempre avvolto in una nebbia di ricordi e suggestioni. L’atto “dell’omicidio” – reale o immaginato – è il pretesto per interrogare il passato, le dinamiche familiari, i segreti che ogni generazione si porta dietro. Il romanzo mette in scena una sorta di processo del cuore, dove la verità non è mai assoluta, ma sempre negoziata tra ciò che si ricorda e ciò che si inventa.

Oltre alla protagonista, il romanzo è popolato da una galleria di figure eccentriche e autentiche. Ogni personaggio, dal nonno enigmatico alla madre protettiva, dagli zii bizzarri ai vicini di casa, contribuisce a colorare il quadro di una famiglia mai del tutto normale, sempre pronta a sorprendere e a nascondere. Giulia Lombezzi eccelle nella caratterizzazione: nessun personaggio è scontato, tutti hanno una voce credibile e una storia che meriterebbe di essere raccontata a parte.
La protagonista è allo stesso tempo testimone e giudice, vittima e carnefice, in una narrazione che sfuma continuamente i confini tra bene e male, tra intenzione e destino. Il lettore si trova a parteggiare per lei, a comprenderne le contraddizioni, a sorridere delle sue paure e dei suoi slanci.

L’estate che ho ucciso mio nonno è un romanzo che colpisce per la sua capacità di parlare al cuore e alla mente del lettore. Attraverso la storia di una giovane donna che si confronta con il passato, la famiglia e la colpa, Giulia Lombezzi costruisce un racconto universale, divertente e doloroso, leggero e profondo. Bollati Boringhieri, nella collana Varianti conferma con questa pubblicazione la sua attenzione per le voci nuove e coraggiose della narrativa italiana.
Consigliato a chi cerca una lettura che sappia emozionare
senza mai cadere
nel patetico, a chi ama i romanzi di formazione e le storie familiari,
a chi vuole lasciarsi sorprendere da una penna capace di raccontare
la vita con sincerità e intelligenza.